Val d’Aosta, Val d’Ayas, Champoluc, mattina presto, aria fredda, invernale direi, ma il cielo promette bene.
Dal parcheggio a Frachey a Saint Jacques, ci incamminiamo, prima per una stradina lastricata in pietra che si inerpica e diventa sentiero, si vedono costruzioni tipiche in pietra con la copertura in lastre tra cui una molto antica denominata rascard, vestigia della cultura Walser, risalente a secoli fa, in legno di conifere, quasi sospesa a mezzaria.
Si arriva ai Piani di Verra Inferiore, splendida piana ora destinata ad alpeggio, con vista sulle pendici del Monte Rosa, originatasi dall’azione del ghiacciaio, ben visibili anche le morene conseguenti.
Caratteristico un masso a forma di dente in prossimità di un bivio.
Continua l’ascesa fino al lago Blu, piccola perla incorniciata da roccia e larici, si prende per la cresta attraverso il verde/giallo di fine agosto, lungo la linea battuta, che diventa tracciato sterrato fino ai Piani di Verra Superiore, da qui inizia il percorso che ci condurrà al rifugio Ottorino Mezzalama, punto di arrivo del nostro trekking.
Si sale e ancora si sale, seduto sull’erba, un panorama infinito, blu, bianco, grigio, il fragore del torrente alimentato dallo scioglimento del ghiaccio, là in fondo il paese di Champoluc, in queste situazioni, lo spirito si congiunge con l’eterno, lo sguardo si perde, ci si sente piccoli, rapiti da una natura accecante, avvolgente.
Pace.
Eccolo là, in alto, fa capolino la sommità del tetto, un ultimo sforzo, il più duro, bisogna scalare il tracciato “ammazza cristiani” ripido senza sconti.
Ci siamo, quota 3000, splendido nella sua semplicità il Mezzalama, quasi fiabesco, adagiato sopra uno sperone roccioso, con le pareti in legno a vista, cotte dal sole e dal vento, le imposte rosso vivo, il tetto a spioventi in metallo, in passato la neve perenne lambiva la struttura.
Rifugio storico, proprietà del CAI sez. di Torino, intatto con tutto il suo fascino, in questo caso nessuno si è sbizzarrito in sostituzioni architettoniche ultramoderne.
Un boato squarcia il cielo, dinnanzi a noi si stacca una ammasso di neve dalla sommità e si schianta sulla roccia sottostante in una fugace nuvola di fumo, ghiacciato.
A pochi metri dal rifugio, tre stambecchi al sole, placidamente adagiati sopra il serbatoio dell’acqua piovana, ne vedremo altri scendendo nelle radure basse, dove trovano nutrimento e acqua.
Ovviamente, da tradizione, un panino speck e formaggio con una birra.
Giornate come queste fanno bene, lasciano sensazioni di appagamento e la fatica è ricambiata mille volte dal paesaggio, incontaminato, stordente, che lascia senza fiato.
Si scende, saranno 20 km in tutto, con 1400 metri di dislivello positivo, continua...
www.trekca.it
info@rifugiomezzalama.it