Tra quello che amo fare, senza dubbio, ci metto camminare. Un amore delicato, non soffocante, nel senso che non faccio tantissime uscite durante il corso dell’anno, sicuramente mi dedico di più alla mtb.
Ma quando avviene sto sempre bene e rimango appagato per il tempo e fatica dedicati.
A tale proposito, avevo un desiderio, dormire in rifugio, avverato, non uno, ma tre i rifugi in cui l’ho fatto, nelle splendide Dolomiti, partendo dalla Val Di Fassa, insieme ad un gruppo di persone, delizioso, accompagnati dalla guida Guido.
Rifugio Passo Principe, Gruppo del Catinaccio, legno, quota 2561 m.s.l.m., riparato dalla roccia, tra i gracchi neri, ci si arriva a piedi o in elicottero, pochi posti anche se sono in corso lavori di ampliamento, con tanto di cantiere attivo e gru posizionata, Rifugio Vicenza, Val Gardena, pietra, 2256 m.s.l.m. con terrazzo dalla vista mozzafiato, doccia all’esterno, si raggiunge percorrendo un ripido sentiero, ma ne vale la pena, ne vale sempre la pena, infine, ultimo ma non ultimo, Rifugio Firenze, Gruppo del Seceda, muratura, 2040 m.s.l.m., suggestivo e diciamo il più confortevole sotto tutti i punti di vista, doccia, cibo, sonno. Consigliata sosta intermedia presso il Rifugio Juac Hutte a 1905 m.s.l.m..
Sul percorso che collega le tre strutture, altri rifugi, rocce, ghiaioni, serpentine sassose, prati assolati, marmotte fischianti e tre cerbiatti a due passi da noi.
Nel blu delle Dolomiti.
Esperienza unica, meravigliosa, in una dimensione fiabesca, parte del paesaggio che, a volte, potrebbe apparire troppo pettinato, ma io credo che tutto muta e quel che è stato fa parte di un processo evolutivo, forse perdendo la connotazione eroica passata, ma regalando nuove suggestioni.
Rimane, quella sì, la potenza magnetica della natura, la grandiosità delle vette, che ci rendono minuscoli, il grigio argenteo della pietra che vira su infinite sfumature, il verde accecante delle vallate, i profumi dell’aria, gli animali.
A volte il caso, Natale 2021 acquistai il libro di Paolo Cognetti, già premio Strega, La felicità del lupo, mai letto, fino ad oggi, lettura ideale per chi rientra da un viaggio in montagna, l’ho scoperto dopo non conoscendone il contenuto.
Scrittura semplice, asciutta, lettura veloce, agile, divorato in solo due giorni che per me rappresenta un unicum, pillole di letteratura, capitoli brevi con storie che iniziano e finiscono ma sempre seguendo il cuore pulsante.
Profumi, resina, fumo, sesso, pelle nuda, cipolle, benzina, legno tagliato e note di ghiaccio.
Neve e pietre che fanno male.
Filo conduttore, anzi fili conduttori la ricerca della felicità di tutti i protagonisti, Faus e Silvia, Babette, Santorso e il lupo.
Presente, furtivo che uccide, nessuno lo vede, ritornato in quei luoghi dopo tanto tempo, non ancora stanziale.
Tutto ciò in scena sul palcoscenico del teatro naturale, maestoso, che è la montagna.
Forse, non esiste la felicità, ma è fondamentale cercarla e godere degli istanti di avvicinamento.
Può bastare, la casa editrice è Einaudi.
Paolo Cognetti
La felicità del lupo
Pag. 151 - 2021
Acino d’uva: Kerner, con uova e speck (va bene anche la birra del rifugio)